Gesù, clemente e misericordioso Pastore e Giudice delle nostre anime, ha affidato all’Apostolo Pietro e ai suoi Successori il potere delle chiavi per compiere nella Chiesa l’opera di giustizia e verità. Questa suprema e universale potestà, di legare e di sciogliere qui in terra, afferma, corrobora e rivendica quella dei Pastori delle Chiese particolari, in forza della quale essi hanno il sacro diritto e davanti al Signore il dovere di giudicare i propri sudditi.

Il mio venerato predecessore, il santo pontefice Giovanni Paolo II, promulgando il Codice dei canoni della Chiese orientali, ebbe a sottolineare: “Fin dall’inizio della codificazione canonica delle chiese orientali, la stessa costante volontà dei romani pontefici di promulgare due codici, uno per la chiesa latina e l’altro per le chiese orientali cattoliche, dimostra molto chiaramente che essi volevano conservare ciò che è avvenuto per provvidenza divina nella chiesa, cioè che essa, riunita da un unico Spirito, deve respirare come con i due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente e ardere nella carità di Cristo come con un solo cuore composto da due ventricoli”.

Seguendo anch’io la stessa scia, e tenendo conto del peculiare ordinamento ecclesiale e disciplinare delle Chiese orientali, ho deciso di emanare con un motu proprio distinto le norme per riformare la disciplina dei processi matrimoniali nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

Nel volgere dei secoli la Chiesa in materia matrimoniale, acquisendo coscienza più chiara delle parole di Cristo, ha inteso ed esposto più approfonditamente la dottrina dell’indissolubilità del sacro vincolo del coniugio, ha elaborato il sistema delle nullità del consenso matrimoniale e ha disciplinato più adeguatamente il processo giudiziale in materia, di modo che la disciplina ecclesiastica fosse sempre più coerente con la verità di fede compresa fino in fondo. Tutto ciò è stato sempre fatto avendo come guida la legge suprema della salvezza delle anime.

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